Battaglia Di Marino
La battaglia di Marino fu combattuta il 30 aprile 1379 nella vallata sottostante il castello di Marino, successivamente nominata la Valle Dei Morti. Durante la battaglia, inquadrata nell’ambito della guerra dovuto allo Scisma d’Occidente, si fronteggiarono le truppe mercenarie italiane fedeli a Papa Urbano VI e le truppe filo francesi dell’antipapa Clemente VII.
Per meglio comprendere gli eventi e gli stati d’animo, che caratterizzarono la battaglia di Marino, occorre fare un balzo indietro di settant’anni, quando l’elezione di Bertrand de Got, cardinale di Bordeaux, aprì il solco del futuro Scisma d’Occidente.
Nel 1309, dopo un burrascoso conclave, durato più di un anno, venne eletto Bertrand de Got, al secolo Clemente V, successore al soglio di San Pietro. Clemente V, nel momento dell’elezione si trovava nella città di Bordeaux, preferì l’accogliente e sicura ala protettrice di Filippo IV re di Francia, alla tumultuosa e pericolosa vita nella città di Roma, spostando la sede pontificia ad Avignone. Questa scelta determinò un periodo detto della Cattività Avignonese, in quanto il potere papale fu estremamente influenzato, per non dire prigioniero, della sovranità francese.
La capitale cristiana era, da anni, in balia delle famiglie patrizie romane e delle continue scorribande di compagnie di ventura che seminavano il panico nel territorio circostante. L’abbandono definitivo di Roma, portò decenni di caos e anarchia dove i governi, auto proclamati, dei Colonna, dei Savelli e degli Orsini sorgevano e tramontavano con gli stessi tempi del Sole e della Luna. Il popolo vessato e ridotto all’ombra della gloria che fu, come le rovine che spuntavano nel foro romano, decimò per carestia e malattie.
Da tutt’Italia si innalzarono le richieste al papa di porre fine a questo scempio, fra tutti emergeva la voce del Petrarca e Santa Caterina da Siena. Tuttavia i pontefici si susseguirono senza intervenire, temendo il rientro in città e rimandando con ogni scusa.
Finché, Innocenzo VI raccolse gli appelli e nel 1358 varò una prima riforma che permise l’elezione di un governo libero e popolare presieduto da due capitani, detti Banderesi, e di sette legislatori sotto la supervisione di un senatore straniero. I Banderesi portarono ordine e autorità, rifondando l’esercito romano su una milizia rionale ed esiliando i nobili rei dei soprusi nei confronti della popolazione. Seguirono una serie di campagne militari che scacciarono avventurieri e razziatori dallo Stato della Chiesa e ripristinando la sicurezza delle vie consolari. La pace e la stabilità consentì a Gregorio XI di rientrare in città nel 1377, scortato dai Banderesi a capo della milizia della Felice Società dei Balestrieri e dei Pavesati.
Quando nel 1378 morì Gregorio XI, la Santa Sede Romana non era stata ancora consolidata e il malumore dei cardinali francesi, restii a lasciare Avignone, si tramutò nell’elezione, il 20 settembre 1378, nel Duomo di Fondi, del cardinale Roberto di Ginevra col nome di Clemente VII, considerato dai giuristi un Antipapa, mentre a Roma veniva eletto il cardinale Tibaldeschi, Urbano VI. Immediatamente, il mondo cristiano si divise in due schieramenti. Le nobile famiglie dei Caetani, degli Orsini e il re di Francia per Clemente VII, tutti gli altri per Urbano VI. Anche la città di Roma subì la stessa sorte piombando nella guerra civile. Urbano si trasferì nella città di Tivoli, mentre dal nord Italia, milizie straniere, tra cui mercenari bretoni inviati da Carlo V re di Francia, calavano a supporto di Clemente VII.
Il 16 luglio 1378 i romani filo-papalini furono sconfitti dai bretoni nella battaglia di ponte Salario: caddero 500 uomini. I romani allora si vendicarono trucidando ogni straniero presente a Roma. Frattanto, attorno ad Urbano si radunarono nuove forze: oltre a Giordano Orsini del Monte, che era passato col Papa, lo sostenevano le milizie mercenarie italiane guidate da Alberico da Barbiano e Galeazzo Pepoli. L’antipapa Clemente VII era sostenuto dai Caetani, Conti di Fondi e gli Orsini: inoltre vagavano nell’Agro e presidiavano ancora Castel Sant’Angelo truppe bretoni, comandate dal conte di Montoje nipote dell’antipapa e da Bernardo di Sala.
I miliziani francesi si accamparono nell’area dell’attuale Ciampino, nelle zone che ancora oggi si chiamano “Mura dei Francesi” e “Casale dei Francesi”.
Con l’avanzata delle truppe di Alberico da Barbiano, il Montoje ordinò la ritirata verso Marino, retta da Giordano Orsini, imparentato con i Caetani e sostenitore dell’antipapa. Lo scontro avvenne nella stretta vallata sotto le mura del castello.
Alberico divise la sua compagnia in due schiere: una al suo comando è una comandata da Galeazzo de’ Pepoli. L’esercito bretone invece era diviso in 3 schiere (Piero di Sagra, Bernardon de la Salle e Luigi di Montjoie). Nella prima fase della battaglia, una delle schiere bretoni attaccò l’esercito di Alberico e all’ inizio la prima linea bretone riuscì a penetrare nelle prime linee nemiche, ma l’attacco venne respinto dalla fanteria di seconda linea nella quale si distinsero in combattimento le fanterie Romane della Felice Società dei Balestrieri de dei Pavesati. Dopo aver Respinto l’assalto Alberico condusse i suoi mercenari all’ attacco e riuscì ad avere una rapida vittoria sulla seconda schiera bertone, ma lo scontro con la terza schiera fu più lungo e si risolse con la vittoria di Alberico solo a sera quando le riserve della cavalleria pontificia presero al fianco i Bretoni. Molti Bretoni caddero durante la battaglia e i capi, presi prigionieri, furono portati a Roma.
Alberico da Barbiano rientrò in città trionfalmente, ed ottenne da Urbano VI uno stendardo con scritto in caratteri d’oro “L’Italia dai barbari liberata”.
Lo stesso giorno in cui a Marino gli italiani sconfiggevano le truppe di Clemente VII, cadeva anche Castel Sant’Angelo, difeso fino ad allora da 75 bretoni.
Clemente VII così si trovò isolato e privo di esercito e fuggì a Gaeta e di lì a Napoli, ospite della regina Giovanna. Tuttavia il popolo napoletano insorse contro lo straniero e Clemente ritornò a Gaeta per scappare di lì in Francia.
Lo Scisma d’Occidente cesserà solo con il Concilio di Costanza del 1417, che eleverà al Soglio Martino V.
La battaglia di Marino si distingue per l’amor di patria e nazionalismo con cui parteciparono le truppe italiane per allontanare l’usurpatore straniero.