Magia, sesso e roghi: la caccia alle streghe.
“Quella donna mi ha rubato l’anima, è in combutta con il diavolo!”
Forse è stata una delle accuse maggiormente impiegate nei tribunali della Santa Inquisizione, per giustificare atti contro i principi morali e sociali.
Nonostante la donna sia l’oggetto del desiderio per definizione, il nono comandamento le è dedicato non a caso, sarebbe comunque riduttivo far passare un fenomeno, che ha attraversato quasi cinque secoli, come irrefrenabile tentazione della carne.
La magia accompagna l’uomo fin dalla sua nascita, da quando osservando i fenomeni naturali non sapeva attribuirgli spiegazione se non come sortilegio o portento. Le religioni sono sorte su questi sentimenti popolari: un terremoto, il fulmine piombato dal cielo, piogge torrenziali, invasioni di locuste, carestie, guerre. I sacerdoti dei faraoni, gli aurispici romani, i druidi celtici, erano maghi in grado di interpretare fenomeni inspiegabili e tradurli nello stato d’animo delle divinità. Per secoli il mago o lo stregone, come nelle culture ancestrali africane, erano una figura di spicco, un personaggio cardine della comunità, possessore di conoscenze che spaziavano dalla erboristeria alla medicina primordiale, dall’agricoltura al manifattura. Con il cristianesimo le cose cambiano, la magia si tramuta in miracolo ma non tutti hanno il diritto di “compierlo”.
Nei primi anni di vita della nuova religione, quando ancora non si era stabilito un ordine unitario e il papa era solo il vescovo della capitale dell’impero romano pari a tutti gli altri, inizia una lunga guerra di egemonia, di lettere epistolari, di saggi e devoti per stabilire le “regole” Cristiane. Ben quattro concili ecumenici furono celebrati per difendere e chiarire la vera dottrina del Verbo: Nicea (325), Costantinopoli I (381), Efeso (431) e Calcedonia (451). Il giorno del Natale, la natura divina del Cristo, l’asessualità degli angeli, il celibato del clero, la sostituzione delle feste pagane con quelle cristiane, l’accusa di eresia per uso di magia per ogni rito che non seguisse la liturgia riconosciuta.
Le donne in tutto questo?
Su di loro si concentrano gelosie e invidie. In assenza degli uomini, da sempre coinvolti nelle guerre, lavoravano i campi, si dedicano alle cure mediche e all’erboristeria, seguono i cicli lunari per la semina e la raccolta, secondo la tradizione antica. Soprattutto, la religione le addita come peccaminose e provocatorie, imponendo regole rigide sul sesso, demonizzandone i desideri e vietandolo per periodi lunghi dell’anno o per tutta la vita come nel caso dei religiosi. La donna torna ad essere la tentatrice di Adamo, bella e pericolosa.
E’ in un clima di analfabetismo e di superstizione, come l’alto medioevo, che nasce la caccia alle streghe, cioè la ricerca e la persecuzione di donne sospettate di compiere atti di magia quali sortilegi, malefici, fatture, legamenti, o di intrattenere rapporti con forze oscure e infernali dalle quali ricevono i poteri per danneggiare l’uomo, specialmente nella virilità, e per sciogliere o stringere legami amorosi. La morte di un giovane apparentemente in salute, la fortuna che sfugge ad un ricco signore, sono sortilegi, sono per il volgo il malocchio lanciato da una strega.
Ma chi erano le streghe?
La grande maggioranza era composta da persone innocenti di ogni età e condizione, spesso levatrici, guaritrici o prostitute, conoscitrici di decotti ed infusi, anche chi possedeva gatti neri, aveva i capelli rossi o un neo nell’iride dell’occhio (il cosiddetto “segno del diavolo”).
Il culmine si ha tra il XV secolo e il XVIII secolo a colpi di bolle papali, tra le più significative quella del 5 dicembre 1484 papa Innocenzo VIII emanò la bolla Summis desiderantes affectibus, dando voce alla preoccupazione della Chiesa verso il dilagante fenomeno della stregoneria e conferendo i poteri inquisitori a due frati domenicani tedeschi, Jacob Sprenger e Heinrich Institor Kramer, affinché intervenissero in vari territori della Germania, furono autori del Malleus Maleficarum, manuale ad uso degli inquisitori per stabilire i criteri utili a riconoscere e punire le streghe. Il Malleus Malefìcarum, pubblicato per la prima volta nel 1486 e mai adottato ufficialmente dalla Chiesa cattolica, fu ristampato ventotto volte dal 1487 al 1669 e almeno quattordici volte prima del 1520.
Non sono mancati tuttavia episodi di accuse, processi e condanne contro gli uomini (stregoni), i quali, in alcuni periodi storici e in determinate aree geografiche, subirono le procedure inquisitoriali in numero maggiore rispetto alle donne, come attestano i casi della Carinzia, della Normandia, dell’Islanda e di alcune zone nell’est dell’Europa (Estonia e Russia).
Le stime che trovano più largo consenso parlano di circa 110.000 processi, svoltisi principalmente in Germania (50.000), Polonia (10.000), Francia (10.000), Svizzera (9.000), isole britanniche (5.000), paesi scandinavi (5.000), Spagna (5.000), Italia (5.000) e Russia (4.000). Si è valutato le esecuzioni capitali al 55% dei processi, giungendo pertanto ad un totale di giustiziati pari a circa 60.000 persone in tre secoli. In questi processi l’80% degli accusati era di sesso femminile, mentre in Estonia (60%), Russia (68%) e Islanda (90%) vi fu una predominanza maschile.
La condanna a morte sul rogo non era comminata direttamente dalla Chiesa, bensì dell’autorità civile che, basandosi su una sentenza dell’autorità ecclesiastica, competente in materia, emetteva una propria sentenza di condanna e provvedeva all’esecuzione. I giudizi inquisitorii per i reati di stregoneria erano assimilabili a quelli emessi nei confronti degli eretici e non avevano titolo a decretare la morte dell’imputato; ma poiché l’eresia era considerata anche un reato civile, chiunque fosse stato riconosciuto colpevole dal tribunale ecclesiastico e consegnato al “braccio secolare“, anche se poi avesse abiurato (anzi, paradossalmente, proprio in forza di questa abiura attraverso la quale si riconosceva la colpa), avrebbe visto comunque tradursi la sentenza ecclesiastica in una condanna capitale.
Di fatto, le condanne a morte erano avallate dalla credenza religiosa che si rifaceva al versetto del Vangelo di Giovanni (15,6) nel quale si dice che: “Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi viene raccolto per essere gettato via e bruciato.”
Chi erano gli Inquisitori?
In alcuni periodi storici, di fronte all’aumento di guerre, carestie, povertà e fame, la teologia spesso non riusciva a dare risposte convincenti, quindi risultava facile trovare un capro espiatorio in una non sempre ben definita categoria sociale come quella delle streghe, le quali oltretutto, secondo il parere dei Padri della Chiesa e di molti demonologi, agivano in ogni caso con il permesso accordato da Dio alle forze malefiche da loro invocate e adorate. La paura e la rabbia del popolo, vessato da tasse e ingiustizie, spesso sfogava in giustizie sommarie, motivo per cui talvolta la Chiesa e il potere civile, per porre freno alla legge dei linciaggi, nominarono degli inquisitori per istruire processi, in questo periodo nascono nuovi profili giuridici quali l’avvocato difensore e la giuria.
Chi traeva vantaggio dalla morte delle streghe e stregoni?
L’economia. Alla morte del condannato seguiva la confisca dei beni e lo precedeva una confessione con la denuncia di complici, solitamente indicati tra i benestanti, ottenuta con la tortura. Alle amministrazioni garantiva introiti che allo sguardo del popolo erano ben visti perché non erano tasse e perché combatteva le forze del maligno.
L’ultima strega condannata a morte in Europa fu Anna Göldi, uccisa nel 1782 a Glarona, in Svizzera, la cui figura è stata riabilitata dal parlamento cantonale nel 2008.