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Posted by on Feb 12, 2017 in Approfondimenti | 0 comments

Dissoluto, Cavaliere, Santo: Galgano Guidotti

Dissoluto, Cavaliere, Santo: Galgano Guidotti

 

In ogni mito c’è un fondo di verità e in ogni storia c’è uno spunto per una leggenda.

Le notizie sul cavaliere Galgano Guidotti sono frammentarie e inquinate dal mito che ne seguì alla sua morte.

Compiamo un balzo indietro, sino alla metà del 1100, nella Tuscia, terra disputata da tre grandi potenze dell’epoca: Siena, Pisa, Firenze. Comuni e Signorie che nel pieno della lotta tra Chiesa e Impero tentano di ritagliarsi la propria indipendenza. Sono gli anni sanguinosi delle faide tra Guelfi e Ghibellini, dove lo stesso Dante Alighieri ne farà le spese con un esilio forzato. Anni di violenze, soprusi e stupri vissuti come manifestazione della propria forza. In questi anni, tra bande di cavalieri di ventura e castelli in assedio, nacque Galgano, presumibilmente, nel 1148 a Chiusdino, nel senese, da Guidotto e Dionigia, da una famiglia della nobiltà locale. Dell’infanzia non se ne sa nulla e della gioventù gran parte lo si volle coprire con un velo, perché Galgano non era da meno dei suoi coetanei, orientato alla lussuria e agli eccessi, violento, beone spesso coinvolto in risse, poche e significative sono le incisioni nel Codice Laurenziano «Qui adolescentie sue tempore lascivie argumentis aliquantulum animum relaxavit.» («Nella sua gioventù egli abbandonò non poco il suo corpo alle tentazioni della dissolutezza.»).

Tuttavia nell’aria ferveva un sentimento di pentimento, di redenzione: erano gli anni dei pellegrinaggi in Terra Santa, dove centinaia di migliaia di uomini e donne mettevano a rischio la loro vita per espiare le proprie colpe. Guidotti, al colmo della sregolatezza, si mise in cammino, anche lui, ma in cerca di se stesso e della Fede.

Ebbe due visioni che lo trasformarono: nella prima vide il suo destino da cavaliere di Dio sotto la protezione dell’Arcangelo Michele in difesa dei deboli e al fianco dei Giusti. Anni dopo la seconda visone, seguendo l’Arcangelo giunse a Monte Siepi dove incontrò i dodici apostoli. Qui abbandonò i suoi abiti di cavalieri, cucì il mantello in saio. Non avendo legno per una croce, infisse la spada in una roccia e su di essa costruì un romitorio con giunchi e frasche. La sua nuova vita di eremita non passò inosservata, già negli ultimi anni terreni, un flusso di credenti affollava i piedi della collina dove si era ritirato. Morì il 30 novembre del 1181 (qualcuno sostiene il 3 dicembre del 1180).

Nel giro di pochi anni il flusso di pellegrini divenne un fenomeno di massa. Venne edificata una rotonda attorno alla spada e l’abbazia cistercense, ai piedi della collina, attiva fino alla metà del 1700, e canonizzato nel 1185.

Non ci sono prove dirette di quanto Galgano condizionò la vita di molti contemporanei ma ci sono evidenze che non possono essere delle coincidenze.

Primo fra tutti San Francesco (1181-1226) che si spogliò di ogni avere come i suoi Frati Minori predicando l’abbandono di ogni forma di ricchezza e corruzione per corteggiare la Semplicità.

La storia di Galgano non rimase confinata nella terra italica, cavalcò in tutta Europa, viaggiando nei testi e nelle musiche dei trovatori e dei menestrelli di corte in corte di regno in regno, fino ad influenzare il mito più suggestivo di tutti: Re Artù.

Di Artù esisteva già la leggenda (è citato in vari poemi gallesi, tra cui Y Gododdin del 594 d.C.) come un dux bellorum che sulle ceneri della Britannia romana, unifica i popoli e combatte le tribù dei sassoni e degli angli. Sono brandelli di testo che pochi ricordano, tuttavia in quegli anni rifiorisce la favola arturiana, in seguito all’annuncio, da parte dei monaci di Glastonbury, di aver trovato le tombe di Artù e Ginevra nelle fondamenta della cattedrale, siamo alla fine del XII secolo.

E’ proprio al volgere del secolo, che nasce la leggenda come la conosciamo tutti, ed è dovuta a tre romanzi. Il Historia Regum Britanniae di Goffredo di Monmouth  (1138), il Merlin di Robert de Boron (1191) e il “Lancillotto o il cavaliere della carretta“, scritto all’incirca nel 1170 da Chretien de Troyes. Da questi tre nasce la figura completa di re Artù: un uomo giusto e leale, che si oppone alla corruzione e alla violenza (prima fase di vita di Galgano), consacrato al potere dal volere di Dio con l’estrazione della spada dalla roccia (è come un passaggio di testimone, Galgano, per seguire il Signore, lascia la spada, simbolo di vita terrena, a chi riprenderà dalle sue orme), combatte contro le dispute dei singoli regni e li riunifica sotto la sua guida (la Francia e l’Inghilterra sono regni unificati e le immagini si legano maggiormente all’Italia). Quello che emerge dai tre romanzi è in realtà una ricerca della verità, della giustizia, della redenzione dei propri peccati come il Percival alla ricerca del suo Santo Graal, sui passi già percorsi dal dissoluto e santo Galgano Guidotti l’eremita toscano, l’Artù italiano.

 

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